Joyce Salvadori nasce a Firenze, l’8 maggio 1912, da Guglielmo – filosofo positivista-evoluzionista e primo traduttore in Italia dell’opera omnia di Spencer – e Giacinta Galletti, figlia di un ufficiale garibaldino e di una nobildonna della colta aristocrazia inglese. Dopo aver lasciato l’Italia in seguito a un pestaggio subito dal padre, la famiglia abbandona l’Italia e Joyce avrà modo così di iscriversi alla facoltà di filosofia di Heidelberg, in Germania, che abbandonerà tuttavia nel 1933, in seguito all’avvento del nazismo. Risale a questo periodo l’incontro con Emilio Lussu, valoroso combattente nella prima guerra mondiale e tra i fondatori del Partito Sardo d’Azione, anche se i due si ritroveranno solo nel 1939, anno in cui Joyce pubblica, per l’editore Ricciardi, la sua prima raccolta di poesie, Liriche, con prefazione di Benedetto Croce.
Dopo aver viaggiato in Francia e in Portogallo, Joyce torna in Italia nel 1943 e, dopo l’armistizio dell’8 settembre, partecipa attivamente alla lotta partigiana, poi rievocata in opere quali Fronti e frontiere (1944) – tra i testi più felici della memorialistica antifascista – L’uomo che voleva nascere donna (1976), Lotte, ricordi e altro (1992). Da segnalare anche l’attività di traduttrice (in particolare, del poeta turco Nazim Hikmet), poi raccontata nel saggio autobiografico Tradurre poesia, del 1967.
Muore a Roma il 4 novembre 1998.